EFFETTO DUNNING-KRUGER – Una trappola cognitiva

Hai mai sentito parlare dell’effetto Dunning-Kruger?

Se non lo conosci, oggi scoprirai cos’è e come evitare di esserne vittima.

Se invece pensi di conoscerlo, probabilmente ne sei già vittima.

Ma non preoccuparti: sei ancora in tempo.

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La Festa di San Michele, ed altri ricordi

Mi diede la mano.
“Andiamo, fra poco inizia a suonare l’orchestra” – disse.
Pochi passi, da casa al centro della festa… Allora abitavamo in Via Elifani, vicinissimo alla Piazza principale del Paese.

Mio padre amava la musica.
Da adolescente, a soli tredici anni, suonava nella banda del Paese.
Era molto orgoglioso del suo strumento: il corno francese.
In realtà, mi affascinava molto quando in casa si divertiva con il mandolino.
E raccontava sempre che, quando era militare, alpino, intonava “il silenzio” con la tromba durante l’Elevazione, in Chiesa.
Lo aveva fatto anche a Rodi Egeo, dove – dopo l’armistizio dell’otto settembre – fu fatto prigioniero dai tedeschi e fu spedito in un campo di lavoro in Germania.
Non era un uomo di chiesa, mio padre.
Anzi, lui, socialista, ce l’aveva con i preti: a quei tempi, nel secondo dopoguerra, la moda era che quelli di sinistra ce l’avessero con i preti.

Mia madre no: lei ci teneva che io frequentassi la Parrocchia della Concezione.
Ricordo che in quinta elementare, di domenica, servivo a messa: e pretendevo che mia madre avesse cura di mettermi sempre dei tacchi nuovi alle scarpe.
Allora i chierichetti si inginocchiavano di spalle ai fedeli seduti tra i banchi: ed io desideravo che le bimbe potessero osservare come la suola e i tacchi delle mie scarpe fossero ‘spick and span’, come diceva una pubblicità in televisione.

In Chiesa ero padrone di tutto.
Don Peppino usava dire al Sagrestano: “Quando c’è Tonino, puoi anche andare a casa. Se la vede lui.”
Avevo imparato anche a spegnere le candele – e niente battute, per piacere: non fate troppi pettegolezzi, come direbbe lo Scrittore – che erano sull’altare utilizzando l’apposito strumento.

Ricordo che, quando servivo, il momento in cui mi sentivo importante era quello del suono della campanella:
“Sursum corda!” – ed io lì pronto a scampanellare con tutto l’impegno, analogo a quello che impiegavo a scuola quando il maestro ci assegnava i problemi con dieci operazioni.

In pochissimi minuti avevamo raggiunto la Piazza.

Sotto la statua di San Michele, davanti alla lapide dedicata a Gramsci, era stata preparata la cassa armonica, come ogni anno in occasione della Festa patronale – da qualche anno non succede più… E figuriamoci quest’anno, con la pandemia provocata dal ‘coronavirus’.

L’orchestra stava già suonando, non ricordo cosa.
Poi ci fu una pausa.
Ed ecco la musica dell’Aida…
C’era tantissima gente davanti a me.
Io non riuscivo a vedere gran che.
Lui non esitò un istante: mi sollevò e mi mise a cavalcioni sulle sue spalle.
In quella circostanza fui davvero molto fiero di mio padre – come sempre, d’altronde – e di quella posizione privilegiata: soltanto così potetti guardare le trombe egizie che sporgevano vistosamente dalla cassa armonica al suono della marcia trionfale.

Da allora, quando ascolto il motivo dell’Aida, mi vengono le lacrime agli occhi ed un nodo in gola.

Dopo mezzogiorno, l’orchestra smise di suonare.
La passeggiata sino alla Chiesa di San Michele era d’obbligo.
Così come rituale era mangiare lo zucchero filato.

Sapevo che presto sarebbe arrivato il momento del regalo.
E così fu: davanti alla bancarella più fornita mio padre mi invitò ad esprimere il desiderio.
Era da tanto che desideravo il trenino a pile: il desiderio fu prontamente esaudito.

Che emozione!
Non vedevo l’ora di ritornare a casa per montare i binari: l’ho considerata da sempre una esperienza creativa. Anche adesso che ho sulle spalle parecchi lustri, ogni volta che mi capita l’occasione mi appassiona creare i vari percorsi su cui far correre i trenini.

Mio padre aveva partecipato alla seconda guerra mondiale.
Riuscì a scappare dal campo di lavoro tedesco e a raggiungere avventurosamente l’Italia: le sue peripezie sulla strada del ritorno farebbero impallidire, al confronto, il racconto di Primo Levi.

Operaio, ci teneva ai miei studi.

Anni più tardi, in occasione di un’altra Festa patronale, andarono a rubare a casa.
Mio padre era stato pagato dai proprietari della abitazione presso cui aveva eseguito dei lavori.
Fu certamente un furto su commissione.
Era il 30 settembre: la mattina del giorno successivo io dovevo partire per Bari.
Lì ero ospite della carissima zia Giuseppina.
La mattina mio padre aprì il portafogli e mi diede dei soldi:
“Questo mi è rimasto” – disse. “Prendili, e tu vattene a Bari e pensa a studiare.”

E dovette anche risarcire parte della somma rubata che spettava al suo amico Togo.

Io devo a mio padre se mi sono laureato, e tutto il resto.

Superai il concorso magistrale, e senza raccomandazioni, a venti anni: allora c’era la graduatoria riservata agli ‘otto decimisti’ – mi pare così si chiamasse – negli scritti e negli orali.
Ero felicissimo perché potetti comprarmi l’automobile dei miei sogni, la mini minor color amaranto.

Mio padre, invece, era fortemente contrariato: “Adesso non ti prenderai più la laurea!” – mi disse, molto preoccupato.

Ma io gli promisi che mi sarei laureato.
E, da studente lavoratore, mantenni la promessa con il massimo dei voti e la lode…
…Pur non avendo merito alcuno, come ho sempre ritenuto.
I genitori, infatti, possono avere tantissimi figli uno diverso dall’altro, in maniera meramente casuale: in virtù degli incroci tra i cromosomi può capitare di tutto (!!!), come sappiamo (*).

Così come ritenni di non avere particolare merito quando, a ventotto anni, superai la prova scritta del concorso direttivo, senza copiare, con voto alto: meglio di affermati scrittori.
Ma “anche” in tal caso fui davvero molto fortunato perché il tema dello scritto fu quanto di più consono alle mie letture potesse capitarmi.
Poi superai il concorso, piazzandomi in ottimo ‘centile’, per così dire, nei primi posti della graduatoria nazionale: ancora una volta, come sempre, senza raccomandazioni!
E mio padre – che morì pochissimo tempo dopo essere andato in pensione – fu davvero molto fiero di me!

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(*) P.S.
Avendo lavorato per circa quarant’anni nella scuola primaria, a contatto stretto con la scuola dell’infanzia e la scuola media dell’obbligo, mi sono sempre interrogato circa il valore da attribuire al merito.
Il merito premia le capacità soggettive, la buona ventura cromosomica, l’appartenenza ad una classe sociale, la situazione reddituale della famiglia dei singoli.
Quando avevo sedici anni, il mio carissimo Professore di Filosofia e di Pedagogia, Giuseppe Caggiano – il quale, sapendo quanto mi piaceva la matematica e regalandomi dei libri che ancora conservo gelosamente, mi avviò allo studio della logica e di Piaget – ci fece conoscere Don Milani…
Da allora non ho avuto mai il minimo dubbio: ho sempre considerato prioritario, per educazione familiare e formazione politica, innanzitutto, la tutela dei più deboli.
Ovviamente, sarebbe assurdo non offrire a chi è più dotato tutte le risorse per la crescita cui ha diritto, risorse utili in vista del servizio che il “meritevole” dovrebbe “consapevolmente e, soprattutto, onestamente” saper rendere alla comunità.

antonio conese, 28 settembre 2020

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Amico e Maestro

Maestro ed Amico
Un gruppo numeroso, il nostro.

In autunno, in inverno ed in primavera si passeggia, di sera, nella zona pedonale, dalla Piazza al Seggio.
In estate, no: il luogo della passeggiata è il Faro, anzi dal Faro ai Carabinieri.
Poi ci si siede nella zona alberata, ai piedi del Monumento, utilizzando le sedie di plastica messe a disposizione dell’Amministrazione del Comune.

E non è possibile procedere tutti insieme in riga perché si occuperebbe l’intera sede stradale, anche quando, essendo in tanti, si è costretti a dividersi in sottogruppi.

Quelli dell’Oreficeria cercano di competere con noi.  Ma è tempo sprecato! Talvolta loro sono appena un gruppo duale, una coppia, (10) in base due. A noi capita anche di arrivare ad essere una decina vera.

E giù battute, sfottò reciproci, barzellette, racconti a metà veri, a metà inventati…

Diversi i tipi, i soggetti umani del gruppo, distribuiti per caratteristiche secondo la curva a campana di Gauss: da quello serioso  – da un lato della campana – a quelli pazienti, i più, al centro della curva, a quello – dall’altra parte della campana –  sempre prontissimo alle battute spontanee e fulminanti, giocate su associazioni di cultura ‘alta’ e arzigogoli linguistici.

Qualche occasione, qualche episodio di “arrabbiatura”  dell’uno con l’altro – rarissimi – non mancano:

ma siamo Amici, persone semplici, corrette, leali, oneste!

Insomma: un gruppo inclusivo!

Poi, piano piano, il gruppo comincia ad assottigliarsi.

Alcuni sono costretti a correre in Padania…
…Come succederà oramai anche a me, appena le restrizioni della pandemia si allenteranno.

Dal Sud è in atto da qualche tempo un fenomeno sociologico del tutto nuovo: frotte di anziani – ahinoi – che partono per avvicinarsi ai figli, già emigrati.

Ma dall’anno scorso l’assottigliarsi del gruppo è dovuto ad eventi dolorosi.

Il primo a giocarci questo amaro scherzo è stato “Monsieur le Professeur”.

Da qualche ora ci ha lasciati l’Uomo della Pace: ed io piango, letteralmente, l’Amico ed il Maestro.

ac

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The Future of Jobs and Skills – Il futuro dei lavori e delle competenze

Introduction

Disruptive changes to business models will have a profound impact on the employment landscape over the coming years. Many of the major drivers of transformation currently affecting global industries are expected to have a significant impact on jobs, ranging from significant job creation to job displacement, and from heightened labour productivity to widening skills gaps. In many industries and countries, the most in-demand occupations or specialties did not exist 10 or even five years ago, and the pace of change is set to accelerate. By one popular estimate, 65% of children entering primary school today will ultimately end up working in completely new job types that don’t yet exist.1 In such a rapidly evolving employment landscape, the ability to anticipate and prepare for future skills requirements, job content and the aggregate effect on employment is increasingly critical for businesses, governments and individuals in order to fully seize the opportunities presented by these trends—and to mitigate undesirable outcomes.

1

Past waves of technological advancement and demographic change have led to increased prosperity, productivity and job creation. This does not mean, however, that these transitions were free of risk or difficulty. Anticipating and preparing for the current transition is therefore critical. As a core component of the World Economic Forum’s Global Challenge Initiative on Employment, Skills and Human Capital, the Future of Jobs project aims to bring specificity to the upcoming disruptions to the employment and skills landscape in industries and regions—and to stimulate deeper thinking about how business and governments can manage this change. The industry analysis presented in this Report will form the basis of dialogue with industry leaders to address industry-specific talent challenges, while the country and regional analysis presented in this Report will be integrated into national and regional public-private collaborations to promote employment and skills.

The Report’s research framework has been shaped and developed in collaboration with the Global Agenda Council on the Future of Jobs and the Global Agenda Council on Gender Parity, including leading experts from academia, international organizations, professional service firms and the heads of human resources of major organizations. The employer survey at the heart of this Report was conducted through the World Economic Forum’s membership and with the particular support of three Employment, Skills and Human Capital Global Challenge Partners: Adecco Group, ManpowerGroup and Mercer.

This Report seeks to understand the current and future impact of key disruptions on employment levels, skill sets and recruitment patterns in different industries and countries. It does so by asking the Chief Human Resources Officers (CHROs) of today’s largest employers to imagine how jobs in their industry will change up to the year 2020—far enough into the future for many of today’s expected trends and disruptions to have begun taking hold, yet close enough to consider adaptive action today, rather than merely speculate on future risks and opportunities.

While only a minority of the world’s global workforce of more than three billion people is directly employed by large and emerging multinational employers, these companies often act as anchors for smaller firms and local entrepreneurship ecosystems. Therefore, in addition to their own significant share of employment, workforce-planning decisions by these firms have the potential to transform local labour markets through indirect employment and by setting the pace for changing skills and occupational requirements.

This Report aims to serve as  a call to action. While the implications of current disruptions to business models for jobs are far-reaching, even daunting, rapid adjustment to the new reality and its opportunities is possible, provided there is concerted effort by all stakeholders.

By evaluating the future labour market from the perspective of some of the world’s largest employers we hope to improve the current stock of knowledge around anticipated skills needs, recruitment patterns and occupational requirements.

Furthermore, it is our hope that this knowledge can incentivize and enhance partnerships between governments, educators, training providers, workers and employers in order to better manage the transformative impact of the Fourth Industrial Revolution on employment, skills and education.

… Omissis …

 

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Il futuro dei lavori e delle competenze

I cambiamenti dirompenti dei modelli di business avranno un profondo impatto sul panorama occupazionale nei prossimi anni. Si prevede che molti dei principali fattori di trasformazione che attualmente interessano le industrie globali avranno un impatto significativo sui posti di lavoro, che vanno dalla creazione di posti di lavoro significativi allo spostamento di posti di lavoro, dall’aumento della produttività del lavoro all’ampliamento delle carenze di competenze. In molte industrie e paesi, le occupazioni o le specialità più richieste non esistevano 10 o addirittura cinque anni fa e il ritmo del cambiamento dovrebbe accelerare. Secondo una stima popolare, il 65% dei bambini che entrano oggi nella scuola primaria finirà per lavorare in tipi di lavoro completamente nuovi che non esistono ancora. In un panorama occupazionale in così rapida evoluzione, la capacità di anticipare e prepararsi per le future esigenze in termini di competenze, il contenuto del lavoro e l’effetto aggregato sull’occupazione sono sempre più critici per le imprese, i governi e gli individui al fine di cogliere appieno le opportunità offerte da queste tendenze e di mitigare i risultati indesiderati.

1
Le ondate passate di progresso tecnologico e di cambiamento demografico hanno portato ad un aumento di prosperità, produttività e creazione di posti di lavoro. Ciò non significa, tuttavia, che queste transizioni fossero prive di rischi o difficoltà. Anticipare e preparare l’attuale transizione è quindi fondamentale. Quale componente fondamentale dell’iniziativa per le sfide globali del Forum economico mondiale sull’occupazione, le competenze e il capitale umano, il progetto Future of Jobs mira a portare specificità alle imminenti perturbazioni del panorama dell’occupazione e delle competenze nelle industrie e nelle regioni e a stimolare una riflessione più profonda su come le imprese e i governi possono gestire questo cambiamento. L’analisi del settore presentata nella presente relazione costituirà la base del dialogo con i leader del settore per affrontare le sfide relative ai talenti specifici del settore, mentre l’analisi nazionale e regionale presentata nella presente relazione sarà integrata nelle collaborazioni pubblico-private nazionali e regionali per promuovere l’occupazione e le competenze .

Il quadro di ricerca del Rapporto è stato modellato e sviluppato in collaborazione con il Consiglio sull’agenda globale sul futuro dei lavori e il Consiglio sull’agenda globale sulla parità di genere, compresi i principali esperti del mondo accademico, organizzazioni internazionali, società di servizi professionali e responsabili delle risorse umane delle maggiori organizzazioni. L’indagine sul datore di lavoro al centro di questo Rapporto è stata condotta attraverso l’adesione al World Economic Forum e con il supporto specifico di tre partner di sfida globale per l’occupazione, le competenze e il capitale umano: Adecco Group, ManpowerGroup e Mercer.

La presente relazione mira a comprendere l’impatto attuale e futuro delle perturbazioni chiave su livelli di occupazione, serie di competenze e modelli di assunzione in diversi settori e paesi. Lo fa chiedendo ai Chief Human Resources Officer (CHROs) dei maggiori datori di lavoro di oggi di immaginare come i lavori nel loro settore cambieranno fino al 2020 – abbastanza lontano nel futuro perché molte delle tendenze e interruzioni attese di oggi abbiano iniziato a prendere piede , ma abbastanza vicino per considerare l’azione adattiva oggi, piuttosto che limitarsi a speculare su rischi e opportunità futuri.

Mentre solo una minoranza della forza lavoro globale di oltre tre miliardi di persone è impiegata direttamente da grandi e emergenti datori di lavoro multinazionali, queste aziende spesso fungono da ancore per le piccole aziende e gli ecosistemi locali dell’imprenditoria. Pertanto, oltre alla propria quota significativa di occupazione, le decisioni di pianificazione della forza lavoro di queste aziende hanno il potenziale per trasformare i mercati del lavoro locali attraverso l’occupazione indiretta e stabilendo il ritmo per cambiare le competenze e le esigenze professionali.

La presente relazione intende fungere da invito all’azione. Mentre le implicazioni delle attuali perturbazioni sui modelli di business per i posti di lavoro sono di vasta portata, anche scoraggianti, è possibile un rapido adattamento alla nuova realtà e alle sue opportunità, a condizione che vi siano sforzi concertati da parte di tutte le parti interessate.

Valutando il futuro mercato del lavoro dal punto di vista di alcuni dei più grandi datori di lavoro del mondo, speriamo di migliorare lo stock attuale di conoscenze relative alle esigenze di competenze previste, ai modelli di assunzione e ai requisiti professionali.

Inoltre, speriamo che questa conoscenza possa incentivare e rafforzare le partnership tra governi, educatori, fornitori di formazione, lavoratori e datori di lavoro al fine di gestire meglio l’impatto trasformativo della Quarta rivoluzione industriale sull’occupazione, le competenze e l’istruzione.

 

… Omissis …

 

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COGNITIVE BIASES – DISTORSIONI COGNITIVE

COPYRIGHT:

https://insight.noonic.com/bias-cognitivi-esempi/

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16 gennaio 2020

Bias Cognitivi la Guida 2019 : definizione e 6 semplici esempi da utilizzare nelle vostre campagne

Vediamo oggi cosa sono i Cognitive Biases, perché sono importanti e 6 incredibili esempi da applicare nel mondo del marketing.

La psicologia umana è complessa e alcuni aspetti rimarranno per sempre dei misteri, nonostante il continuo avanzamento scientifico.

I Cognitive Biases sono comportamenti inconsci della mente umana e sono la conferma del fatto che non possiamo definirci come ‘’persona razionali’’,  in quanto non agiamo quasi mai razionalmente. 

Perché? Semplicemente perché noi umani viviamo di emozioni, sentimenti, interazioni sociali e siamo guidati dal nostro inconscio istinto di sopravvivenza. Durante il nostro percorso, che sia chiama vita, ci arricchiamo di ricordi, saperi ed esperienze che ci aiutano a prendere decisioni, dare giudizi e a processare tutte le informazioni che riceviamo costantemente.

Siamo esseri molto più complicati dei computer e delle macchine

Fa parte della nostra natura essere socievoli: tendiamo a vivere con e per le altre persone. Proprio per questo motivo siamo influenzati dai cognitive biases durante i processi decisionali.

Vedremo come la maggior parte dei cognitive biases sono basati sia sulla percezione, sia sulla cognizione.

Cosa sono quindi i cognitive biasis?

Definizione: I bias cognitivi sono deviazioni psicologiche dalla razionalità causate dalle distorsioni formulate dal nostro cervello quando si tratta di giudizio, percezione, memoria e processi decisionali.

Si possono classificare in 3 diverse aree:

  • Bias decisionali, comportamentali o di convinzione
  • Bias sociali
  • Bias di memoria

Senza dilungarsi in ambito psicologico, focalizziamoci su come i cognitive biases sono utilizzati nel marketing per aumentare le vendite e il profitto.

*

Cos’è Il Truth Effect ?

Si tratta della tendenza a credere fermamente a determinate dichiarazioni dopo averle ascoltate, viste e sentite ripetutamente. 

A prescindere dalla veridicità della dichiarazione, è molto probabile che le persone concordino con essa dopo averla sentita o vista molteplici volte. Questo perché la ripetizione crea un senso di familiarità e tutti siamo più propensi a credere a ciò che classifichiamo come ‘’familiare’’.

Come viene applicato al marketing?

L’effetto verità illusorio si può applicare in diversi ambiti, soprattutto nel marketing e nella pubblicità.

Le aziende si avvalgono di questo trucchetto, veicolando messaggi molto semplici e diretti sui canali, con un’altissima frequenza di ripetizione.

Gli scenari dove viene applicata questa tecnica sono diversi: alcuni esempi comuni sono gli slogan, gli annunci e il retargeting utilizzati al fine di creare un effetto-loop nella mente del consumatore.

Quindi: un messaggio ripetuto milioni di volte diventa familiare e riconosciuto universalmente come veritiero.

*

Cos’è l’In-Group Bias?

Conosciuto anche come ”favoritismo”, descrive la tendenza a favorire determinati membri di un gruppo, rispetto a chi non appartiene al gruppo. 

Questa tendenza ci porta a favorire, quindi a trattare meglio chi fa parte del nostro stesso gruppo. Di conseguenza, i membri sviluppano tratti comportamentali che impattano la comunicazione e la percezione.

Come viene applicato nel marketing?

Appartenere ad un gruppo è una necessità che risponde a due preoccupazioni dell’essere umane:

  • La stima in noi stessi;
  • La percezione della nostra identità sociale.

Creare quindi un senso di appartenenza ad una comunità è lo strumento più potente in assoluto sul quale un’azienda possa far leva (sia che si tratti di una B2B, sia B2C).

Quando i membri si sentono parte della community diventano automaticamente più propensi a:

  • Spendere di più e meno consapevolmente: diverse ricerche hanno mostrato che l’in-group bias influenza negativamente il nostro modo di allocare le risorse: ci sentiamo meglio se spendiamo soldi in prodotti e servizi che ci connettono con altre persone ed esitiamo meno a spendere per quest’ultimi.
  • Consigliare l’azienda/il prodotto/ il servizio a chi conoscono: le persone condividono sempre le esperienze positive e, generalmente, le esperienze di gruppo generano sensazioni positive.

Facciamo un esempio concreto: il videogioco Fortnite, che, grazie a questa strategia dell’in-group bias, non solo ha aumentato le vendite del videogioco ($300 milioni in un mese), ma anche la spesa media effettuata da ogni utente ($58).

Il loro segreto?

Una comunità enorme, sostenuta da un numero altrettanto incredibile di streamers su Youtube e Twitch, ha alimentato ulteriormente la passione e l’interesse per il gioco. Questo ha portato molti giocatori a partecipare al gioco e a spendere dollari reali per gli acquisti in-game che chiunque può vedere: è nata così la comunità Fortnite.

*

Cos’è l’Authority Bias?

È la tendenza ad attribuire credibilità alle opinioni di persone che noi consideriamo autorevoli. Talvolta, quindi, viene attribuita più importanza a CHI sta dicendo quella cosa, piuttosto che al CONTENUTO che sta trasmettendo. 

Come viene applicato al marketing?

Per chi lavora nell’ambito marketing, l’authority bias è una vera e propria arma per convincere i consumatori.

Quante volte vengono utilizzati dentisti o dottori per le pubblicità di prodotti per la salute? Quasi sempre, proprio perché ci fidiamo di più di persone competenti in materia.

Questa tecnica è onnipresente nelle campagne pubblicitarie, dove vengono ingaggiati numerosi esperti e celebrità per convincere il pubblico ad acquistare un prodotto/servizio.

*

Cos’è l’Anchoring Bias?

È la tendenza a favorire e percepire solo la prima parte di informazioni ricevute al momento di prendere decisioni, ancorandosi quindi ad esse ed escludendo in un certo modo le ulteriori informazioni ricevute successivamente.

Influenza quindi il processo decisionale, utilizzato particolarmente durante le negoziazioni di prezzo.

Come viene applicato al marketing?

Quando è il momento di stabilire il prezzo o si sta formulando una nuova offerta, si può utilizzare questa tecnica per determinare se le idee sono in linea con le aspettative del consumatore o no. Puoi creare, quindi, la tua ‘’anchor’’, ossia la frase che vuoi venga ricordata.

Ecco un esempio concreto: il caso di Xiaomi, azienda cinese che produce telefonia mobile.

Ancora nel 2018, la compagnia ha lanciato il ‘’Pocophone F1’’: uno smartphone a prezzi accessibili che ridefinito i prezzi di riferimento dell’intero mercato.

Quando il prodotto è stato lanciato, influencer ed esperti lo hanno descritto nel web come il prodotto dell’anno ed molti altri produttori hanno preso spunto da Pocophone F1.

Grazie a Pocophone F1, Xiaomi ha utilizzato questa tecnica e determinato un ”anchor” per il mercato degli smartphone: i clienti si aspettano prezzi accessibili anche da parte di altri produttori.

*

Cos’è il Present Bias, oppure Hyperbolic Discounting Bias?

È la tendenza a favorire i risultati immediati piuttosto che quelli a lungo termine. 

Se alle persone vengono mostrati due risultati positivi ottenuti, queste tendono a preferire quello che ha impiegato meno tempo a riscuotere successo. Di conseguenza, le persone sono solite fare scelte incoerenti, che in un futuro probabilmente rimpiangeranno, in quanto sono stati soggetti a un bias durante il processo decisionale.

Come viene applicato al marketing?

I marketers lo utilizzano per soddisfare i desideri e bisogni che i consumatori vogliono in quell’istante. Come? Promuovendo piaceri immediati e istantanei, in modo da farceli acquistare subito.

Per esempio, le persone preferiscono ‘’indebitarsi’’ e pagare gli interessi, piuttosto che aspettare il momento in cui avranno disponibilità economica.

Per questo i marketers puntano su due caratteristiche:

  • Un beneficio tangibile (cosa ottengo?)
  • La semplicità di utilizzo (quanto facile e veloce è?)

Ecco un esempio: BuildFire. È uno strumento online che permette di creare la tua propria app, senza codici e senza il bisogno di ingaggiare developer per svilupparla.

Tutti i testi della piattaforma sono pensati con questa tecnica: crea la tua app ora, senza spendere troppo e soprattutto senza dover aspettare.

tool BuildFire

L’obiettivo di BuildFire è dimostrare risultati istantanei e il risparmio notevole, in modo da farti acquistare subito.

*

Cos’è l’Observer-Expectancy Effect?

È la tendenza a influenzare inconsciamente in maniera negativa tutto quello che facciamo, a causa dei nostri personali pregiudizi cognitivi. 

L’effetto in questione è collegato al confirmation bias, ossia la tendenza a cercare e favorire le informazioni che già sono in linea con le nostre convinzioni.

Come viene applicato al marketing?

Il marketing è un settore che ha continuo bisogno di sperimentare, testare e ricercare al fine di ottenere conversioni.

Ma, come tutti gli esseri umani, anche i marketers sono influenzati dai loro pregiudizi e, talvolta, possono condurre esperimenti non proprio pertinenti: vogliono provare la loro ragione, piuttosto che imbattersi in esperimenti che potrebbero dichiarare il contrario, ossia che hanno una visione sbagliata di quel determinato concetto.

Per questo motivo esistono gli A/B test: esperimenti statisticamente rilevanti, utilizzando campioni random. L’A/B test può essere uno strumento per utilizzare l’observer-expectancy effect a nostro vantaggio: o conferma la nostra credenza, o dimostra che abbiamo sbagliato e cambia il nostro punto di vista.

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LACRIME DI COCCODRILLO

#leggerescriverefardiconto
#linguaitaliana
#matematica
#scienze
#linguastraniera

#sassolinidallescarpe

PER LUNGHI, LUNGHISSIMI ANNI

– ALMENO A ME TALI SONO SEMBRATI –

NELL’AFFRONTARE IL COMPITO DI STRUTTURARE IL POF
(PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA),
DOCUMENTO DI IDENTITÀ DELLA ISTITUZIONE SCOLASTICA

– ALLORA NON ESISTEVA IL PTOF (PIANO TRIENNALE DELL’OFFERTA FORMATIVA) –

COMPITO CHE,
SIA DETTO PER INCISO, TOCCAVA A ME
– NELLA MIA SCUOLA NON AVEVAMO INVENTATO LA ‘FUNZIONE OBIETTIVO POF’, COME ALLORA USAVA DEFINIRSI,
DA ASSEGNARE AD UN DOCENTE –

E TOCCAVA A ME PER IL LAVORO CHE FACEVO,

NON MI STANCAVO MAI DI RICORDARE
-‘APERTIS VERBIS’ & ‘ERGA OMNES’ –
E OSTINATAMENTE RISCRIVERE NELL’INTRODUZIONE –
UNA PAGINETTA E MEZZA –
CHE NELLA NOSTRA SCUOLA SI DAVA PRIORITÀ ALL’INSEGNAMENTO
DELLA LINGUA ITALIANA,
DELLA MATEMATICA,
DELLE SCIENZE
E DELLA LINGUA STRANIERA.

DETTO POF ERA SEMPRE,
PUNTUALMENTE,
APPROVATO ALL’UNANIMITÀ DAL COLLEGIO DEI DOCENTI
E DAL CONSIGLIO DI ISTITUTO.

TANTO POTEVA APPARIRE OVVIO E SCONTATO:
MA ANCHE GLI ULTIMI DRAMMATICI DATI PISA* CIRCA I LIVELLI DI APPRENDIMENTO DEGLI STUDENTI ITALIANI
– DATI RESI NOTI IN QUESTE ORE –
DIMOSTRANO QUANTO SCONTATO ED OVVIO NON FOSSE…

È inutile chiudere la stalla quando sono fuggiti i buoi???

BEH!
RICOSTRUIRE LA SCUOLA ITALIANA RICHIEDERÀ TANTA, TANTISSIMA CONSAPEVOLEZZA, LUCIDITÀ E VOLONTÀ CULTURALE E PROFESSIONALE
– CONSAPEVOLEZZA POLITICA, SOCIOLOGICA, PSICOPEDAGOGICA, ORGANIZZATIVA, METODOLOGICA, DIDATTICA –
TEMPI LUNGHI
E SFORZI SOVRUMANI:
MA NON C’E ALTERNATIVA,
SE CI TENIAMO A RICOSTRUIRE QUESTO STUPENDO, AMATO E STRAMALEDETTO PAESE!
_____________

* “Il Programma per la valutazione internazionale dello studente (Programme for International Student Assessment, meglio noto con l’acronimo PISA) è un’indagine internazionale promossa dall’OCSE nata con lo scopo di valutare con periodicità triennale il livello di istruzione degli adolescenti dei principali paesi industrializzati.”

 

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La capacità di saper aspettare: la chiave di tutto!

La capacità di saper aspettare: la chiave di tutto!

Capita spesso che nella vita non si possa avere subito ciò che si vuole; mentre alcuni lo vedono come un peso, altri usano la loro capacità di posticipare la gratificazione per cambiare la loro vita.

Gli Americani chiamano conscientiousness, questo ingrediente segreto che differenzia le persone normali da quelle di successo.

Questa coscienziosità, se possiamo tradurla così, è stata oggetto di studi per più di 35 anni e sarebbe costituita da due fattori imprescindibili per riuscire nella vita: autocontrollo e capacità di posticipare le gratificazioni.

Ed ecco perché rappresenta per i ricercatori dell’Università del Michigan uno dei migliori indicatori di successo nella vita:

Le persone coscienziose…

→ Tendono ad avere titoli di studio più alti rispetto gli altri, a prescindere dall’estrazione sociale e dalle condizioni finanziarie di partenza.
 Raggiungono maggiormente i loro obiettivi.
 Hanno maggiore successo nel lavoro: sono più pagati e più promossi rispetto agli altri.
 Sono affidabili sia sul lavoro che nelle relazioni.
 Sono resilienti: finiscono ciò che cominciano, costi quel che costi.
Hanno delle relazioni più soddisfacenti e sono più felici sul lavoro.
  Godono di uno stato di salute migliore e vivono più a lungo perché sono consci che la loro salute è una loro responsabilità

Inoltre hanno scoperto che le persone con un alto livello di coscienziosità sono molto più motivate, disciplinate e organizzate, mantengono un senso di lealtà ed integrità anche nelle condizioni più stressanti e amano lavorare.

In poche parole, le persone coscienziose ci danno dentro pur di raggiungere ciò che vogliono.

Proprio per l’impatto positivo che questa caratteristica può aver nel mondo lavorativo ed imprenditoriale, i ricercatori hanno provato di capire come ci si può allenare alla coscienziosità e quali sono gli errori che ne compromettono lo sviluppo. E guarda a caso, questa qualità si sviluppa nell’infanzia.

Come incentivare l’auto-controllo e gli errori da evitare

Negli anni 60 e primi anni 70, il ricercatore Walter Mischel ha condotto un esperimento per capire come incentivare l’autocontrollo e il rimando delle gratificazioni ‒ e di conseguenza la coscienziosità‒ nei bambini così da capire come funziona e quali errori evitare.

The Marshwallow  Experiments: quanto riesci ad aspettare?

Il primo esperimento fu il famoso “The Marshmallow Experiments” durante il quale 600 bimbi furono invitati ad aspettare 15 minuti con un dolcetto di fronte a loro senza poterlo mangiare, con la promessa (mantenuta) che ne avrebbero avuto 2 al posto di 1 nel caso fossero riusciti ad aspettare.

Dopo l’esperimento, Walter Mischel seguì alcuni dei bambini che avevano concluso il test con successo e si accorse che la maggioranza dei bimbi che erano riusciti a posticipare la gratificazione avevano migliori risultati a scuola e successo all’università.

Questo esperimento diede spunto al vero esperimento che mostra quali errori compromettono lo sviluppo della consapevolezza e dell’auto-controllo.

È possibile rimanere coscienziosi in situazioni avverse?

Celeste Kidd e il suo team dell’università di Rochester decise di aggiornare il Marshmallow Experiment, considerando che nella vita le cose non vanno sempre per il verso giusto e che le promesse non vengono sempre mantenute, per capire quanto l’ambiente esterno poteva influire sulle capacità dei bambini.

28 bambini tra i 3 e i 5 anni furono portati in una stanza dove avrebbero dovuto disegnare e colorare. Di fronte a loro c’era una trousse con delle vecchie matite. Potevano scegliere se usare quelle matite o aspettare per riceverne di nuove. La maggioranza decise di aspettare.

matite colorate

Passò quasi un quarto d’ora prima che l’assistente tornasse con le matite. Nel primo gruppo, tornò con tantissime matite nuove che fecero brillare gli occhi dei bimbi, nel secondo gruppo invece tornò con delle vecchie matite dicendo che purtroppo si era sbagliata e che non c’erano matite nuove. È inutile dire come si sentirono i bambini a questa notizia…

Dopo qualche tempo, gli stessi bambini seguirono il Marshmallow Experiment. Quelli del primo gruppo furono tutti ben disposti ad aspettare, quelli del secondo gruppo invece, dopo la brutta esperienza che avevano avuto la prima volta con le matite, non vollero saperne di aspettare e piombarono sul dolcetto senza esitazioni, come per dire: “Piuttosto di niente, meglio piuttosto!”.

Questo esperimento prova quanto un bambino ingannato, e che perde fiducia nella persona che rappresenta l’autorità, tenderà poi ad accontentarsi pur di non perdere ciò che ha, con grandissime difficoltà a posticipare le gratificazioni e diminuendo così le sue possibilità di successo in età adulta.

Il successo si basa sulla fiducia

Nel riuscire ad aspettare per ciò che vorremo, viene quindi coinvolta la pazienza, l’auto-controllo ma sopratutto la fiducia che la ricompensa comunque giungerà.

Purtroppo una persona ingannata con finte promesse già da piccola difficilmente avrà  fiducia nelle autorità e nelle persone che la circonderanno, aumentando di conseguenza i suoi livelli di ansia e la probabilità di comportamenti disfunzionali.

Perché:

1. Il mondo è ingiusto e bisogna lottare per mantenere ciò che si ha.
2. Non ci si può fidare di nessuno e quindi bisogna riuscire a fare tutto da solo/a.

Queste convinzioni hanno pesanti ripercussioni sopratutto nella vita professionale e relazionale delle persone che vivono in uno stato di ansia perenne.

Hanno poca fiducia negli altri e quindi non riescono a delegare, si caricano di lavoro oltre misura, ma sopratutto non riescono ad avere la fiducia necessaria nel domani da poter posticipare una gratificazione, con tutti i danni che questo può causare.

Ma ciò avrà validità solo fino a quando continueremo a considerare la fonte di autorità come esterna a noi.

Se invece consideriamo noi stessi come l’autorità da rispettare ‒  preferendo un locus of control interno al locus of control esterno‒ , allora saremo più inclini all’autocontrollo, alla coscienziosità e alla consapevolezza, aumentando di conseguenza le nostre probabilità di successo nella vita.

 

In definitiva la coscienziosità, l’autocontrollo e la pazienza ‒tutti gli ingredienti indispensabili per vivere una vita appagante‒ sono in realtà dei “muscoli” che possiamo allenare già dalla più giovane età.

 

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Operatrice olistica specializzata in sciamanesimo transculturale e Mindfulness, Sandra “Eshewa” Saporito è un’appassionata di mitologia, filosofia, psicologia e scrittura. Ha creato un metodo di crescita interiore basato sulle storie sciamaniche. È autrice di “Mitosofia. Il codice segreto delle storie” e ha pubblicato alcune fiabe per Kindle, tra cui “Nonna Luna” e “Il canto dei grandi alberi”. È curiosa, adora imparare cose nuove e camminare fuori dai sentieri battuti (ed è di madrelingua francese).
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L’arte buddhista del lasciare andare

Viaggiare mi ha insegnato una grande lezione che non ha nulla a che vedere con la spiritualità o con riflessioni molto profonde. In realtà è un insegnamento molto concreto: lo zaino che ti porti sulle spalle deve pesare il minimo possibile.

Tutto qui. Molto semplice, vero? Eppure queste parole me le sono ripetute decine di volte viaggiando, tra un’imprecazione e l’altra. Perché per tanti anni, per quanto mi sforzassi, lo zaino era sempre troppo pieno e il peso sulle mie spalle mi impediva di godermi a pieno dell’esperienza.

Poi sono diventato un minimalista, una svolta davvero decisiva: da quel momento ho capito che il segreto per uno zaino leggero è nella semplicità. Più precisamente in una semplice formula: solo l’essenziale, niente superfluo.

Mettere ordine anche nella mente, non solo nella vita

Ho iniziato a eliminare tutto il superfluo, aggettivo che per me si riferisce anche a tutto ciò che ti fa pensare “ora non mi serve, ma forse, un domani…“. Dopo essermi sbarazzato di tutto ciò che non era necessario, ho iniziato a dedicarmi a ciò che invece lo era. Ho concentrato il mio tempo e le mie energie verso l’essenziale, me ne sono preso cura. Anche così mi sono avvicinato sempre di più alle coordinate della mia felicità.

In un primo momento, diventare minimalista mi ha permesso di alleggerire nettamente la mia vita dal punto di vista degli oggetti. Su un piano fisico, lo zaino pesava meno, il mobile era ordinato, i vestiti facilmente reperibili e via discorrendo. Ma con il passare del tempo mi sono reso conto che il Minimalismo mi stava anche alleggerendo su un piano emotivo. Non avevo messo in ordine solo gli oggetti della mia vita, ma anche il caos che avevo nella testa e nel cuore.

È stata una rivoluzione di grande positività che mi ha insegnato un’altra lezione, questa volta per nulla concreta ma molto spirituale: il peso più grande che ci portiamo dentro non è quello dello zaino o delle cose, ma quello dei pensieri.

Il racconto buddhista dei due monaci e la donna

Potrei scrivere migliaia di parole per spiegare questo concetto ma c’è un racconto buddhista che con la consueta semplicità lo racconta perfettamente.

Due monaci buddisti lasciarono il loro monastero per raggiungerne un altro che distava circa un giorno di cammino. Dopo alcune ore a camminare, una fortissima tempesta li sorprese. I monaci si ripararono e quando smise di piovere si rimisero in cammino. L’acqua aveva però fatto esondare un fiume, che aveva allagato tutta la strada.

Nei pressi di una grande pozza di acqua, i due monaci videro una donna, bellissima e disperata. La donna aveva paura di attraversare la pozza, così chiese ai due monaci se potessero aiutarla. Il più giovane scosse la testa imbarazzato e rivolse il proprio sguardo altrove. Il più vecchio, invece, non ci pensò due volte: prese la donna in braccio e insieme attraversarono la pozza. Una volta dall’altra parte, la donna lo ringraziò e si allontanò verso un’altra direzione.

I due monaci ripresero a camminare. Camminarono per tutto il tempo in silenzio, senza proferire alcuna parola. Il monaco anziano contemplava la natura, meditava camminando. Il monaco giovane, invece, aveva lo sguardo basso e sembrava pensieroso.

Solo alla sera, quando intravidero il monastero in cui avrebbero trascorso la notte, il giovane monaco ruppe il silenzio e disse con vigore al suo compagno di viaggio: “Non ti sembra sbagliato toccare una donna? Prenderla in braccio in quel modo, sentire il suo corpo premuto contro il tuo, permetterle di mettere le sue mani intorno al tuo collo? Noi siamo monaci, non è forse sbagliato portare una donna in braccio?

Il monaco anziano si prese qualche secondo prima di rispondere. Poi disse: «È vero: io ho trasportato quella donna per qualche metro. Ma tu, figlio mio, l’hai trasportata nella tua testa per tutto il giorno. L’hai portata con te da quando l’abbiamo incontrata fino a questo momento… ed è probabile che la porterai con te anche stanotte!”

Il messaggio di questo racconto buddhista è al tempo stesso semplice e illuminante: i pesi più grandi che ci portiamo dietro non hanno nulla a che vedere con il mondo fisico. Non sono oggetti, non sono cose. Sono i pensieri e tutte le preoccupazioni, le paure, le ansie e i dubbi che generano.

Tutto ciò non si può toccare con mano ma pesa su di noi molto più di quanto possa farlo uno zaino o un problema fisico. Il motivo è altrettanto semplice: quando si tratta di un oggetto, sappiamo che ci basta posarlo per terra per liberarci del suo peso ma quando si tratta di un pensiero, il discorso è molto più complicato, perché facciamo molta più fatica a controllare ciò che abbiamo dentro rispetto a ciò che si trova fuori da noi.

La soluzione c’è: vivere nel “qui e ora”

Questo racconto buddhista si conclude senza offrire una soluzione esplicita: il monaco anziano, infatti, non spiega al giovane come possa liberarsi del peso di quel pensiero che lo ha ossessionato per tutto il giorno. Ma la soluzione esiste ed è sempre di origine buddhista: imparare a vivere nel “qui e ora”.

Il monaco anziano ci riesce e per questo vive serenamente. Infatti, prima trasporta la donna in braccio, poi se la dimentica e cammina per tutto il giorno contemplando la bellezza della natura. Il monaco giovane, invece, è come la maggior parte delle persone: è schiavo del passato. La sua mente non riesce a posizionarsi sul momento presente, perché è concentrata esclusivamente su un episodio del passato.

In questo modo, il monaco giovane è infelice. Non si rende conto della bellezza che ha intorno, ha lo sguardo basso, è abbattuto e pieno di preoccupazioni e dubbi. Il peso che sta portando dentro è molto più grande di qualsiasi peso che esista nella realtà esterna.

Sono fortemente convinto che la felicità non sia un caso, ma una scelta. Come ci insegna questo racconto, possiamo scegliere di lasciarci alle spalle gli eventi negativi del nostro passato e le relative paure che generano, oppure continuare a vivere nel passato perdendoci tutto ciò che succede intorno a noi.

Possiamo scegliere di essere come il monaco giovane, impaurito e preoccupato, oppure come il monaco anziano: leggero e concentrato sul presente perché consapevole di non possedere altro. Sicuramente più felice di chi invece ha sempre la mente rivolta a ieri o a domani.

 

Gianluca Gotto

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Secondo un racconto buddista per essere felici dobbiamo imparare a ignorare molte persone

Jennifer Delgado Suárez

https://angolopsicologia.com/jennifer-delgado-suarez/

https://rinconpsicologia.com/

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rapporti interpersonali sono una fonte enorme di soddisfazione e felicità, ma sono anche la principale causa d’insoddisfazione e infelicità. Non dovremmo sorprenderci dal momento che tutti i fenomeni e le situazioni hanno due facce, di solito contrapposte. Quindi, una delle chiavi per la felicità consiste nell’imparare a ignorare parole, atteggiamenti e comportamenti di molte persone.

Infatti, ci sono momenti in cui ignorare è una questione di salute mentale, perché ci sono atteggiamenti che possono destabilizzarci oppure ostacolarci al punto di impedirci di andare avanti e raggiungere il nostro potenziale. Renderci conto che stiamo alimentando rapporti tossici, nei quali noi stessi siamo le principali vittime, è il primo passo per liberarci dalla rete in cui siamo caduti.

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Si dice che una volta, un uomo si avvicinò a Buddha e, senza dire una parola, gli sputò in faccia.
I suoi discepoli si arrabbiarono.
Ignorare è un’arte.
Ananda, il discepolo più vicino, chiese a Buddha:

Dammi il permesso di dare a quest’uomo ciò che merita!

Buddha si asciugò con calma e rispose ad Ananda:

No. Io parlerò con lui.

E unendo i palmi delle mani in segno di riverenza, disse all’uomo:

Grazie. Con il tuo gesto mi hai permesso di vedere che la rabbia mi ha abbandonato. Ti sono estremamente grato. Il tuo gesto ha anche dimostrato che Ananda e gli altri discepoli possono essere ancora assaliti dalla rabbia. Grazie! Ti siamo molto grati!

Ovviamente, l’uomo non credette a ciò che udì, si sentì commosso e angosciato.

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Questo racconto ci mostra che cosa significa esattamente ignorare, una parola che spesso ha un significato negativo e può farci sentire “cattive persone” per ignorare gli altri.

Ignorare significa semplicemente non permettere che parole, atteggiamenti e comportamenti dannosi di altri possano intaccare il nostro equilibrio interiore. Non è necessario ricorrere alla violenza velata o all’aggressività, è sufficiente creare un involucro protettivo intorno a noi.

Si tratta di imparare a ignorare certe persone in certi momenti, e non è neppure necessario allontanarsi da loro, perché, dopo tutto, tutti abbiamo luci e ombre. Ignorare non è una forma di vendetta o un modo per far sentire inferiore l’altro, è solo un modo per proteggerci.

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Tre situazioni che devi imparare a ignorare

1. Le critiche distruttive. Quando le critiche non sono destinate ad aiutarci a migliorare, ma solo a scoraggiarci e farci sentire inferiori, le dovremmo ignorare. Non lasciare che gli altri ti giudichino senza essersi prima messi nei tuoi panni, e non permettere che le loro critiche ti danneggino.

2. Le cattive azioni. Se una persona si comporta male con te non permettere che il suo comportamento alteri il tuo equilibrio psicologico, perché allora avrà raggiunto il suo obiettivo. Ricorda che può danneggiarti solo ciò a cui permetti di farlo. Se noti una cattiva azione, rivedi le tue aspettative relative a quella persona e vai avanti.

3. Le manipolazioni. Alcune persone cercheranno di controllarti attraverso la manipolazione emotiva. È importante che tu ne sia consapevole e impari a evitare i commenti che fanno leva sul tuo senso di responsabilità, il senso di colpa o anche l’affetto, per farti prendere decisioni che altrimenti non avresti preso. Quando impari a ignorare tali commenti diventi veramente libero di decidere ogni passo nella tua vita.

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Costruisci il tuo scudo con la “Accettazione Radicale”

Siamo così abituati a reagire che ci arrabbiamo spontaneamente quando qualcuno si comporta male, o ci rattristiamo quando veniamo criticati.

In realtà, queste reazioni sono normali, non dobbiamo pretendere di essere come il Buddha della storia, il problema è quando durano più a lungo di quanto dovrebbero e finiscono per danneggiarci.

Imparare a ignorare è un processo che richiede molta preparazione e un profondo cambiamento di atteggiamento. Anche se può sembrare un controsenso, ignorare efficacemente non significa chiudersi in sé, ma tutto il contrario: aprirsi completamente al mondo. Una tecnica molto semplice e potente per farlo è “l’accettazione radicale”.

Questa tecnica fa parte della Terapia Dialettico-Comportamentale, sviluppata dalla psicologa Marsha M. Linehan dell’Università di Washington, e si concentra nella regolazione emozionale potenziando abilità come la tolleranza all’angoscia e la piena coscienza, quindi affonda le sue radici nella filosofia buddista.

Accettazione Radicale significa accettare completamente qualcosa, senza giudicare.

In pratica, molte delle cose che dicono o fanno gli altri ci danno fastidio perché non corrispondono alle nostre aspettative, in qualche modo rifiutiamo di accettare quelle parole, atteggiamenti o comportamenti. Questo rifiuto è la fiamma che alimenta la frustrazione, il risentimento, l’odio o la tristezza.

Quando si pratica l’accettazione radicale si assume semplicemente ciò che è accaduto, senza entrare in giudizi di valore. Assumendo una distanza psicologica si crea uno scudo intorno a noi che ci offre la possibilità di reagire a questa situazione così da non esserne emotivamente danneggiati.

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Copyright: Robins, C. J. et. Al. (2004) Dialectical behavior therapy: Synthesizing radical acceptance with skillful means. En Mindfulness and acceptance: Expanding the cognitive-behavioral tradition (30-44). Nueva York: Gilford Press.

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Che cos’è la “mindfulness”?

Che cos’è la “mindfulness”?

{[( #Mindfulness … Letteralmente … #Consapevolezza )]}

Per saperne di più, clicca sul ‘link’ che segue:

https://portalebambini.it/mindfulness/

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E che cos’è la #intelligenza #emotiva?

Clicca su quest’altro ‘link’ :

http://www.stefanocentonze.it/1889-scuola-intelligenza-su…/…

 

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LE SCUOLE INGLESI INTRODUCONO LA MINDFULNESS

 

Oltre 370 scuole inglesi introdurranno accanto alle discipline tradizionali un programma di mindfulness. Secondo quanto riporta il New York Times, il programma si protrarrà fino al 2021 e sarà uno degli studi più ampi mai realizzati sulla mindfulness a scuola.
La mindfulness, come avevamo già evidenziato, è una pratica benefica anche per i più giovani: migliora la salute mentale, la qualità della vita e la capacità di regolare le emozioni. Alla base di questa sperimentazione c’è la ricerca di un approccio integrato che possa aiutare i giovani a vivere bene in un mondo che cambia rapidamente.

La salute mentale è la vera sfida della società occidentale contemporanea: è evidente anche per quanto riguarda il nostro paese. Oggi siamo alle prese con il bullismo e il cyberbullismo, la dipendenza digitale, lo stress legato alla scuola e la difficoltà a crescere in modo armonico. La scuola è un’istituzione fondamentale per promuovere il benessere, ma deve avere linee guida chiare (oltre a spazi e risorse adeguati).

Chiediamo ai nostri ragazzi competenze sempre più elevate e questo li sottopone a stress. Alla pressione scolastica, va aggiunto il peso del digitale, che ha rivoluzionato le nostre vite. Si tratta di sfide serie per la salute mentale e per il benessere. La mindfulness (pratica scientificamente validata e consolidata da decenni) potrebbe rivelarsi una soluzione vincente.

FONTI

 

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