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Antonio Conese
L’insegnamento della matematica
Piaget – Bruner – Dienes
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Copyright © Marzo 2016 – Antonio Conese
Via Rosolino Pilo, 30 – 76013 Minervino Murge (BT) –
Italia
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Questo lavoro nasce dalla raccolta di articoli – nella loro stesura originale – sull’insegnamento della matematica nella scuola primaria pubblicati sulla Rivista “i diritti della scuola” e sulla Rivista telematica “www.educare.it”.
Corre l’obbligo di precisare, altresì, che anche le citazioni bibliografiche hanno mantenuto le indicazioni iniziali: dette indicazioni conservano, dunque, la relativa ‘autonomia’ in ordine ai singoli articoli.
Per la stessa ragione si è inteso non aggiungere una bibliografia generale, ritenendo sufficienti le note bibliografiche relative a ciascun articolo.
Considerata la natura della raccolta, si è valutato opportuno indicare sotto il titolo di ogni argomento la relativa fonte di pubblicazione originaria.
Visto, infine, che tutti gli articoli risultano pubblicati sulle due Riviste sopracitate, si ritiene che alla procedura di Peer Review, ossia al referaggio, ovvero alla sottoposizione del presente lavoro alla valutazione di soggetti “altri” rispetto all’Autore, abbiano efficacemente assolto, di volta in volta ed in maniera trasparente, i Comitati di Redazione delle Riviste stesse.
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*a mio padre*
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Sommario
Prefazione –
Le coordinate fondamentali dell’insegnamento della matematica nella scuola primaria
Pensiero e linguaggio
Pensiero, linguaggio e matematica
La matematica non è invariabile
Caratteri della matematica moderna
Struttura di gruppo
La genesi dei concetti matematici secondo Piaget (parte I)
La genesi dei concetti matematici secondo Piaget (parte II)
La genesi dei concetti matematici secondo Piaget (parte III)
La genesi dei concetti matematici secondo Piaget – Conclusioni
Jerome S. Bruner – L’approccio dello strutturalismo didattico all’insegnamento della matematica
La didattica della matematica secondo Dienes –
Giocare per apprendere
La didattica della matematica secondo Dienes –
Il materiale strutturato
La creatività come potenziale educativo
Quale interdisciplinarità nella didattica
La preparazione professionale del docente
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Prefazione –
Le coordinate fondamentali dell’insegnamento della matematica nella scuola primaria
“Educare.it” – Anno XI, N. 9, Agosto 2011
Tre sono le motivazioni di fondo che dovrebbero alimentare, oggi, il dibattito sull’insegnamento della matematica: l’evoluzione storica dei concetti verificatasi nell’universo di tale scienza a partire soprattutto dalla seconda metà dell’800; l’elaborazione psicopedagogica dei problemi metodologici e didattici; i preoccupanti risultati negli apprendimenti matematici da parte degli studenti della scuola italiana, come mostrano le indagini comparative internazionali.
Matematica, prospettive pedagogiche, metodologia e didattica hanno le loro intime connessioni coi problemi generali della concezione dell’uomo e del suo ruolo in rapporto all’ordine e al mutamento sociale.
La tecnologia dell’educazione continua ad approntare strumenti di carattere eccezionale, senza che tutti coloro che si interessano di problemi educativi siano consapevoli dell’efficacia di tali strumenti e della inderogabile necessità
di precisare gli obiettivi di carattere generale verso cui è da indirizzare l’utilizzazione di tali strumenti, ossia di precisare gli obiettivi cui deve mirare una “progressiva” strategia di riforma.
Certamente, gli strumenti tecnologici rendono più che mai notevole l’incidenza della variabile “educazione” nell’interazione dei fattori del progresso sociale: ma – come si sa – l’educazione è una variabile dipendente dagli obiettivi politici che una società si dà.
Il tema è di scottante attualità, se solo ci si soffermi a riflettere sulla crisi morale che investe da oltre un ventennio la società italiana.
Proprio per questo si ripropone con urgenza “il problema dei problemi, e cioè la necessità di prendere coscienza in termini il più possibile non equivoci di quale sia la civiltà che d’ora in poi vogliamo costruire” (LISCIANI, G., Ragione e pedagogia, Roma, Armando ed., 1973, pag. 13).
È necessario, insomma, che gli educatori si rendano conto che non è sufficiente porsi obiettivi strategici a breve e medio termine – in senso efficientistico o “psicologistico” – ma che occorre inderogabilmente spingere alla enucleazione degli obiettivi di fondo dell’azione educativa.
L’insegnamento della matematica non può sfuggire a questo “nodo”: gli sforzi di innovazione in questo campo possono risolversi nel mero ed esclusivo perseguimento dell’obiettivo – pur condivisibile – della conquista di un grado più elevato di formazione intellettuale che consenta al soggetto di inserirsi adeguatamente in un processo di produzione ad un sempre più alto livello tecnologico e scientifico.
Per evitare tali rischi, occorre stimolare il ragazzo sin dalla scuola di base ad assumere una corretta consapevolezza del ruolo che la scienza ha svolto, svolge e può svolgere nei processi storici. Il che comporta primariamente la riaffermazione del rifiuto da parte dello stesso docente della concezione neutra del sapere, della concezione dello studioso e dello scienziato chiuso nell’orbita del proprio sapere, in un infruttuoso rapporto speculare e riflessivo con la realtà; e ciò significa riappropriazione, da parte dell’educatore, della sua funzione di “operatore ed animatore culturale”, di un suo proprio ruolo nel quale siano rivalutate le capacità professionali, nel superamento della scissione tra il momento didattico e il momento dell’intervento nell’ambiente socio-culturale in cui si opera.
Naturalmente, con questo non si vuole assolutamente sostenere – come qualcuno potrebbe maliziosamente insinuare – che il docente deve fare politica a scuola: si vuole rimarcare, invece, che egli deve essere particolarmente sensibile ed attrezzato allo svolgimento del delicato compito di contribuire alla formazione di quella “mente critica” che consenta al soggetto in età evolutiva, e oltre, di indagare sulla realtà naturale e sociale.
Sono, questi, problemi che investono indubbiamente la concezione dell’educazione e il modo di far scuola in concreto: in ogni caso, una implicita definizione delle questioni suddette deve fare da sfondo, evidentemente quale referente culturale del docente, anche nell’insegnamento della matematica.
Per una consapevole didattica della matematica, peraltro, non è possibile prescindere da alcune coordinate culturali fondamentali che di seguito si elencano:
1- enucleazione dei caratteri della cosiddetta matematica “moderna”;
2- “rivisitazione” della portata dei contributi, in merito, di Piaget e dello strutturalismo didattico;
3- approfondimento degli aspetti metodologici, che inevitabilmente richiamano le tematiche della creatività e della interdisciplinarità;
4- analisi delle condizioni che rendono davvero seria la preparazione iniziale e “in itinere” del docente.
Ma preliminare a tutto è – secondo noi – l’esame del rapporto linguaggio, pensiero e matematica, date le implicazioni di carattere scolastico e sociale di tale “questione” .
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… omissis …
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La preparazione professionale del docente
Educare.it – Vol. 15, n. 11 – Novembre 2015
Non è assolutamente nostra intenzione affrontare, in questa sede, un’analisi approfondita dei problemi della formazione iniziale e continua dell’insegnante.
La pedagogia comparata mostra quanto complesse ed articolate debbano essere le competenze professionali del docente: competenze cognitive e culturali generali, competenze comportamentali e relazionali, competenze disciplinari, competenze psicopedagogiche, metodologiche e didattiche.
In merito, ci limitiamo soltanto a ricordare che DE LANDSHEERE, negli anni ’80 del secolo scorso, formulava previsioni fosche circa il profilo del docente dell’anno 2000:
“Idealmente – egli scriveva – la professione pedagogica dovrebbe avere statisticamente le stesse possibilità di qualsiasi altra professione di alto livello intellettuale nell’attirare i ‘dotati’.
… … … omissis … … …
Uno sguardo di insieme sulla ricerca dell’ultimo decennio rivela due conclusioni dominanti:
1. Comparati agli studenti che si rivolgono ad altre professioni intellettuali, gli allievi-insegnanti sono relativamente meno dotati intellettualmente e hanno avuto, fino al quel momento, risultati scolastici relativamente fiacchi.
2. Dal punto di vista della personalità, le constatazioni non sono molto più ottimiste: livello di motivazione più basso, ventaglio di interessi più stretto, tendenza al pensiero convergente, al dogmatismo e a un certo autoritarismo.
Evidentemente, tutte queste considerazioni esigono prudenti riserve”, concludeva l’Autore (1).
Le preoccupanti parole di De Landsheere testimoniano quanto urgente sia avviare una strategia educativa comune nella Unione Europea e quanto ancora occorra lavorare in vista del raggiungimento dei due obiettivi principali sanciti nell’art. 126 del Trattato di Maastricht: la qualità dell’istruzione – di cui la figura del docente è variabile fondamentale – e la dimensione europea della scuola e dell’insegnamento.
L’insegnamento della matematica
Ma, si diceva, la nostra intenzione non è quella di fornire un quadro sistematico o anche semplicemente riassuntivo delle molteplici problematiche relative al tema in oggetto: desideriamo, invece, esaminare semplicemente alcune questioni particolari legate all’insegnamento della matematica.
Interdisciplinarità, creatività, formazione matematica e scientifica: sono argomenti ricorrenti più o meno esplicitamente nell’ambito delle nostre riflessioni.
Sono questi degli ambiti che, chiaramente, non interessano soltanto quella parte della fascia della scuola dell’obbligo costituita dalla primaria; che anzi, investono anche ed in primo luogo la scuola secondaria, se è vero che le oramai continue ricerche comparative condotte sui livelli di rendimento scolastico mostrano lo sfacelo della scuola
italiana, ponendo sotto accusa in primo luogo l’istruzione secondaria, per la quale l’Italia puntualmente si piazza agli ultimi posti fra i paesi ‘sviluppati’.
Di certo gli sviluppi della nostra storia, anche di quella più recente, dovrebbero sollecitare serie e fondate esigenze di rinnovamento, ma non sembra che sostanziali mutamenti positivi si prospettino per rimediare a quella che A. Gramsci definiva “la sistematica denutrizione scientifica della scuola italiana”, cioè di quella “scuola senza laboratori” creata con la riforma gentiliana.
E ci sia consentito dubitare che le ricorrenti ed anche attuali iniziative di formazione in servizio stiano rispondendo adeguatamente a quel richiamo alla centralità della educazione scientifica, alla elevazione “in itinere” della cultura professionale a base scientifica.
Sarebbe dunque auspicabile convincersi una volta per tutte che c’è bisogno di formare per la nostra scuola un docente che abbia approfondito la “struttura” delle discipline che insegna, che sappia lavorare interdisciplinarmente, che sappia organizzare le ricerche, che sappia fornire spazi per l’attività creativa.
Ci pare assolutamente indispensabile, inoltre, che l’investimento nel settore dell’istruzione richieda risorse utili ad elevare i livelli retributivi dei docenti. È, quest’ultima, una condizione ‘sine qua non’ è possibile attrarre intelligenze nella scuola: variabile necessaria – anche se di per sè non sufficiente, evidentemente – a migliorare il livello delle prestazioni professionali.
Uno sguardo attento “oltralpe” sarebbe poi assolutamente necessario per un’analisi approfondita dei sistemi scolastici degli altri Paesi che ottengono risultati lusinghieri nelle ricerche comparative cui si faceva prima riferimento: qui si tratta non di imitare, bensì di effettuare utili sintesi progettuali tra la nostra tradizione pedagogica e scolastica e gli aspetti più convincenti del funzionamento di sistemi scolastici “altri”.
A proposito all’insegnamento della matematica, BREAKELL denunciava decenni fa: arrivando agli istituti di preparazione professionale per docenti “gli studenti tendono ad essere molto conservatori nel loro atteggiamento nei confronti della matematica.
Molti di essi potranno essere a un ottimo livello in questo campo, ma ci si è accorti che la maggior parte ha poco o punto capito la matematica fatta nei precedenti anni di scuola e che, in realtà, non l’ama.
Questi studenti sono piuttosto scettici nei riguardi di questo nuovo modo di iniziare la matematica nella scuola primaria, con la sua accentuazione del metodo della “scoperta”, e in gran numero sono ancora del parere che la matematica consista nelle quattro operazioni dell’aritmetica … … …
È essenziale che uno studente abbia molte possibilità di partecipare direttamente al lavoro di “scoperta” secondo il suo particolare livello; solo così può realmente rendersi conto del significato che questo lavoro può avere per i bambini.
È inoltre di vitale importanza che lo studente conosca il substrato psicologico di questo nuovo tipo di iniziazione alla matematica, con particolare riguardo al lavoro di Piaget; in tal modo, quando ha terminato i suoi corsi, non solo possiede le idee fondamentali per un lavoro di matematica sperimentale destinato ai bambini, ma conosce an-
che l’importanza dei diversi momenti dello sviluppo intellettuale di un ragazzo negli anni della scuola primaria” (2).
Le note del Breakell erano riferite agli studenti ed agli insegnanti inglesi degli anni sessanta e settanta del ‘900, quando nelle nostre scuole erano scarsamente conosciuti i grandi ed organici progetti sul rinnovamento dell’insegnamento della matematica, quale – ad esempio – il “PROGETTO NUFFIELD PER LA MATEMATICA”.
Qual è la situazione attuale in Italia?
In un precedente articolo dal titolo “Le coordinate fondamentali dell’insegnamento della matematica nella scuola primaria” (3) si rilevava come, oltre alle competenze disciplinari, l’approfondimento del rapporto pensiero e linguaggio, dello studio diretto delle opere di Piaget, Bruner e Dienes, delle problematiche dell’educazione alla creatività, del tema della interdisciplinarità sia assolutamente indispensabile per un corretto approccio alla materia (3).
Aggiungiamo: il recupero dei contributi della teoria del “mastery learning”, dell’apprendimento per la maestria ci pare un altro indispensabile attrezzo di lavoro per una impostazione “democratica” del lavoro della scuola, in particolar modo nell’insegnamento/apprendimento della matematica.
Il computer a scuola: modernizzazione ed etica professionale
Nell’articolo appena citato, si accennava alla crisi morale che investe il nostro Paese.
L’utilizzazione degli strumenti tecnologici, che è un aspetto molto attuale della preparazione del docente, non può sfuggire alla sfera della eticità.
La sociologia dell’educazione ha ampiamente analizzato il fenomeno della tendenza conservatrice della scuola ed ha posto in evidenza come la tecnologia eserciti una fondamentale azione di modernizzazione dell’istituzio- ne scolastica.
L’utilizzazione del computer o del tablet, anche nell’attività di insegnamento/apprendimento della matematica, rientra in verità nell’ambito della problematica delicata della modernizzazione e della eticità del comportamento del docente.
In un interessante saggio pubblicato negli USA nel 1984, tradotto in Italia nel 1989, lo SCHANK, dopo aver esaminato quelle che egli definisce “le condizioni tragiche dell’istruzione” (4), riassume in maniera efficace i vantaggi dell’uso del computer nell’apprendimento.
Egli scrive: “Il computer può permetterci una rivoluzione pedagogica: quasi tutti i problemi … (omissis) … potrebbero in linea di principio trovare un rimedio nell’uso del computer. In che modo?
1 – I computer sono divertenti;
2 – possono essere programmati per impartire un insegnamento di gran lunga più esauriente ed attivo di quello offerto dai libri di testo;
3 – possono essere individuali: un bambino può avere il suo insegnante personale computerizzato che segue passo per passo i suoi progressi scolastici;
4 – possono essere usati da chiunque o quasi, per quanto iperattivo o svogliato sia;
5 – non si annoiano e non si lasciano frustrare dagli alunni o dall’insegnamento, non puniscono gli incapaci né li additano al disprezzo della classe.
I computer possono fungere ottimamente da insegnanti individualizzati.
… (omissis) …
Il computer può diventare quell’insegnante pieno di pazienza che non abbiamo mai avuto” (5).
L’uso del computer in classe è oggetto di ricerche comparative i cui risultati sono piuttosto contraddittori da paese a paese. In particolare, la correlazione tra uso del computer e “problem solving” risulta particolarmente controversa.
Il computer è, comunque, sempre più frequentemente utilizzato per la realizzazione di percorsi individualizzati utili ad ottimizzare i processi apprenditivi: capita spesso di osservare minori diversamente abili alle prese con adeguato software didattico nella “resource room”.
Va osservato, però, che anche l’uso del computer non può sfuggire alla problematica generale della corretta utilizzazione degli strumenti tecnologici: lasciare un minore “solo” di fronte ad uno schermo, senza la costante mediazione del docente, magari in luogo appartato rispetto al gruppo-classe, diventa talvolta un abuso che non risponde ad una corretta etica professionale.
Viene in mente, in proposito, quello che scriveva Richmond quasi mezzo secolo fa: “Una teoria dell’istruzione deve … (omissis) … provvedere in maniera adeguata all’aspetto affettivo dell’apprendimento. Le polarità della comunicazione non sono semplicemente quelle di emittente e ricevente, sono quelle in cui sono impegnati il cuore e la mente, quelle del sentimento e del concetto” (6).
Il docente onesto non può eludere – nella progettazione delle procedure organizzative – una seria riflessione circa la questione dell’utilizzazione degli strumenti tecnologici, e – dunque- di un equilibrato, appropriato impiego del computer.
“Chiaramente, la conclusione di Richmond – scrive Lisciani – è problematica. Direi, anzi, interlocutoria. Non è possibi-
le una completa teoria dell’istruzione, se noi non riusciamo ad individuare e ad evidenziare quella che chiamiamo “funzione socratica” o, che è la stessa cosa, “contatto umano”. Il problema, in sé, è antico. Ma, date le premesse tecnologiche, si presenta con esigenze nuove” (7).
Insomma: se è vero, come si può facilmente sostenere, che il computer non è semplicemente utile all’educazione, bensì è assolutamente necessario, non bisogna mai dimenticare che spetta al docente prestare cura ai problemi che esso pone alla “comunicazione interpersonale”.
Ed il problema della comunicazione interpersonale resta il “nodo” centrale della educazione, della insostituibile funzione socratica del docente, della preparazione professionale.
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Note
(1) DE LANDSHEERE, G., La formazione degli insegnanti domani, Roma, A. Armando ed., 1978, pagg. 193-194. L’opera originale, dal titolo “La formation des enseignants demain”, è del 1976.
(2) BREAKELL, J., È possibile un aiuto da parte degli istituti di Pedagogia, in AA. VV., PROGETTO NUFFIELD per la matematica. Se faccio, capisco, Bologna, Zanichelli ed., 1969, pag. 67.
(3) Cfr. Conese, A., Le coordinate fondamentali dell’insegnamento della matematica nella scuola primaria, in “Educare.it” – Anno XI, N. 9, Agosto 2011.
(4) Cfr. SCHANK, R. C., Il computer cognitivo. Linguaggio, apprendimento e Intelligenza Artificiale, Firenze, Giunti Barbèra ed., 1989, pagg. 220-222.
(5) Ibidem, pagg. 222-223.
(6) RICHMOND, W. K., La rivoluzione nell’insegnamento. Dall’impulso tecnologico a una nuova pedagogia, Roma, Armando Armando ed., 1970, pagg. 272-273.
(7) Ibidem, Introduzione a cura di LISCIANI, G., pag. 18.
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PUBBLICAZIONE
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Autore
Antonio Conese è laureato in Pedagogia (Università degli Studi di Bari); ha frequentato il Corso di Perfezionamento post-laurea ‘a distanza’ (Università degli Studi di Firenze) su “La dimensione europea della scuola e dell’insegnamento”.
Docente di Scuola Primaria (1970-1979) e Dirigente Scolastico (1979-2007), ha collaborato con la Rivista “i diritti della scuola” ed è stato Docente-esperto in numerosi corsi di formazione per l’insegnamento della matematica e delle scienze promossi dall’IRRSAE di Puglia in occasione dell’attuazione del Piano Pluriennale di Aggiornamento per l’attuazione dei Programmi di Scuola Primaria del 1985.
Ora collabora con “Educare.it”, Rivista telematica sui grandi temi dell’educazione.
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